LETTERA DEL VESCOVO ERNESTO
PER L’ANNO PASTORALE 2021.2022
Carissimi,
in questi anni il nostro cammino pastorale è stato caratterizzato dalla riflessione sulle dimensioni fondamentali della vocazione battesimale. Ci siamo soffermati innanzitutto sulla Dimensione Profetica (l’Anno della Parola); poi sullaDimensione Sacerdotale (l’Anno della Preghiera).
Nell’Anno Pastorale 2021-22 ci soffermeremo a rifletteresulla Dimensione Regale (l’Anno del Servizio). Tutte le proposte che saranno fatte, sia a livello di Comunità parrocchiali che a livello di Uffici pastorali, saranno quindi unificate intorno al grande Tema della Carità.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ai numeri 783-786 afferma:
Gesù Cristo è colui che il Padre ha unto con lo Spirito Santo e ha costituito «Sacerdote, Profeta e Re». L’intero popolo di Dio partecipa a queste tre funzioni di Cristo e porta le responsabilità di missione e di servizio che ne derivano. Entrando nel popolo di Dio mediante la fede e il Battesimo, si è resi partecipi della vocazione unica di questo popolo, la vocazione ‘sacerdotale’. Infatti, per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono ‘consacrati’ a formare una dimora spirituale e un sacerdozio santo. Il popolo santo di Dio partecipa pure alla funzione ‘profetica’di Cristo. Ciò soprattutto per il senso soprannaturale della fede che è di tutto il popolo, laici e gerarchia, quando «aderisce indefettibilmente alla fede una volta per tutte trasmessa ai santi» e ne approfondisce la comprensione e diventa testimone di Cristo in mezzo a questo mondo.
Il popolo di Dio partecipa infine alla funzione ‘regale’ di Cristo. Cristo esercita la sua regalità attirando a sé tutti gli uomini mediante la sua morte e la sua risurrezione. Cristo, Re e Signore dell’universo, si è fatto il servo di tutti, non essendo «venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Per il cristiano «regnare» è
«servire» Cristo, soprattutto «nei poveri e nei sofferenti», nei quali la Chiesa riconosce «l’immagine del suo Fondatore, povero e sofferente». Il popolo di Dio realizza la sua «dignità regale» vivendo conformemente a questa vocazione di servire con Cristo.
È difficile parlare della Carità.
Come ogni anno indirizzo alla Diocesi una breve Lettera Pastorale per fornire alcune Linee Operative. Questa volta però mi trovo in seria difficoltà nell’esporvi il tema che condurrà il nostro cammino. Ci sono almeno due buoni motivi che rendono difficile un discorso sulla Carità.
Il primo motivo lo definirei ‘evangelico’: della Carità meno si parla meglio è. Ogni anno all’inizio della Quaresima viene proclamata la prima parte del capitolo 6° del Vangelo di Matteo. In particolare Gesù afferma:
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
La Carità deve essere ‘fatta’ e non ‘detta’ (non suonare la tromba); e soprattutto la Carità deve essere sempre ‘riservata’ (non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra).
Ancora più forte è il monito contenuto nel testo del giudizio finale (Mt. 25, 31-46). Qui si parla della possibilità di un errore e di un errore gravissimo: da esso infatti dipende la dannazione eterna o la salvezza eterna. Sia i ‘benedetti’ che i ‘maledetti’ si pongono stupiti la stessa domanda:
«Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?».
È pericoloso parlare di Carità. A volte si potrebbero fare degli errori enormi. Il più grande errore è quello di non accorgersi della presenza del Signore.
Infine, (pensate a che punto può arrivare la falsità!) la Carità può essere usata per nascondere altri interessi. emblematico è ciò che si dice di Giuda (Gv. 12, 4-6):
Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non
perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.
C’è poi un secondo motivo che mi rende difficile scrivere questa Lettera Pastorale sulla Carità. Nel 2005 Papa Benedetto XVI indirizzò a tutta la Chiesa la sua Prima Lettera Enciclica dal titolo Deus caritas est. Sarei veramente uno sciocco se pensassi di poter dire qualcosa di più interessante di quanto scrisse Benedetto XVI. Vi invito caldamente, in questo Anno Pastorale, a rileggere l’enciclica di Papa Benedetto.
Si tratta di una riflessione ricchissima e concreta: il testo offre tantissimi spunti per l’animazione pastorale.
Nonostante queste difficoltà, provo ugualmente a cercare di dare delle indicazioni sul tema dell’Anno Pastorale, confortato da due considerazioni:
- Se da una parte Gesù ha detto non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, lo stesso Gesù ci esorta a compiere le nostre opere buone con generosità: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt. 5,16).
- Inoltre il compito di questa mia breve Lettera Pastorale non è quello di trattare della Carità a livello di riflessione teoretica, ma piuttosto di dare indicazioni operative calate nella nostra concreta realtà diocesana.
Vi ho raccomandato una lettura attenta dell’enciclica Deus caritas est. A me sembra che nella lettera di Benedetto XVI vengano sottolineate ripetutamente due cose:
- la novità dell’amore così come è annunciato nel Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo;
- e, all’interno di questa novità, il primato dell’amore di Dio rivelato in Gesù Cristo.
I cristiani infatti continuano a credere, malgrado tutte le incomprensioni e confusioni del mondo circostante, nella «bontà di Dio» e nel «suo amore per gli uomini» (Tt 3, 4). Essi, pur immersi come gli altri uomini nella drammatica complessità delle vicende della storia, rimangono saldi nella certezza che Dio è Padre e ci ama, anche se il suo silenzio rimane incomprensibile per noi (n. 38).
Primato dell’amore di Dio rivelato in Cristo Gesù
La Carità nasce dall’esperienza dell’Amore di Dio: solo chi fa quotidianamente l’esperienza di sentirsi amato può comprendere fino in fondo il comandamento dell’Amore.
Permettetemi un riferimento personale.
Nella cappella dell’episcopio a Poggio Mirteto c’è il tabernacolo e sulla porticina del tabernacolo è raffigurata l’immagine del Buon Pastore con la dicitura animam suam per ovibus suis (la propria vita per le sue pecorelle): questa immagine e queste parole mi indicano quotidianamente in cosa consiste il ministero del Vescovo.
Sopra l’altare poi campeggia l’immagine della Madonna della Divina Provvidenza. L’originale di questo quadro è custodito nella chiesa di San Carlo ai Catinari a Roma. Una copia, firmata dal pittore Antonio Peda da Camerino, fu portata a Poggio Mirteto dal Cardinal Luigi Lambruschini. Al di là delle note storiche, l’immagine della Madonna è bellissima: rappresenta Maria con lo sguardo fisso su Gesù bambino che tiene in braccio e il bambino che, a sua volta, ha lo sguardo fisso sul volto della madre. C’è un particolare molto tenero: il bambino si aggrappa con la sua piccola mano alle dita della Madonna.
Cosa significa concretamente credere all’Amore di Dio?
Significa essere consapevoli della nostra vocazione ma, allo stesso tempo, essere sempre certi che Dio ci ama, ci sostiene, ha misericordia di noi. E noi con la nostra mano ci aggrappiamo alla mano di Dio che solo è capace di darci serenità e sicurezza.
Preghiamo continuamente perché la nostra vita sia un cammino di Santità: un cammino che ci faccia sperimentare sempre di più l’Amore di Dio e un cammino che ci insegni ad affidarci a questo Amore con fiducia incrollabile.
Papa Benedetto sottolinea fortemente il legame che c’è fra la Preghiera e la Carità alla luce del primato dell’Amore di Dio:
La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un’urgenza del tutto concreta. Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell’emergenza e sembra spingere unicamente all’azione. La pietà non indebolisce la lotta contro la povertà o addirittura contro la miseria del prossimo. La beata Teresa di Calcutta è esempio molto evidente del fatto che il tempo dedicato a Dio nella preghiera non solo non nuoce all’efficacia ed all’operosità dell’amore verso il prossimo, ma ne è in realtà l’inesauribile sorgente (n. 36).
Come concretamente daremo ‘spazio’ all’Amore misericordioso di Dio?
Anche in questo Anno Pastorale sarà proposta a tutte le Comunità l’esperienza della LECTIO DIVINA: ormai è un’esperienza che si consolida sempre di più nella nostra Diocesi.
Saranno proposte otto Lectio che ci accompagneranno mese dopo mese. Raccomando quindi di utilizzare il Sussidio che vi viene offerto come strumento di formazione permanente soprattutto per gli operatori Pastorali. Stiamo portando a compimento questo triennio pastorale che abbiamo dedicato all’ascolto della Parola di Dio, alla Preghiera ealla Carità: i tre cammini sono intimamente legati tra di loro.
Nella nostra Diocesi l’impegno della Testimonianza della Carità è sempre stato vissuto con grande generosità. L’azione della Caritas si sta, anno dopo anno, rafforzando ed arricchendo. Ammirevole poi è il lavoro svolto dalle Caritas parrocchiali ed interparrocchiali, anche se c’è sempre da migliorare. Ci sono poi le cosiddette ‘opere segno’ che man mano sono sorte nella nostra Diocesi: non posso non ricordare la Casa Boccetti della Parrocchia Santa Maria delle Grazie a Monterotondo, il Sicomoro a Talocci, la Casa Famiglia Sacro Cuore a Tor Lupara ed infine il deposito della Caritas denominato Le 12 Ceste, che si è rivelato un’opera preziosa soprattutto nella crisi della pandemia.
All’interno della Diocesi ci sono poi tutte le opere sostenute dalle Comunità dei religiosi e delle religiose e le opere sostenute dalle Aggregazioni Laicali: recentemente ho visitato la Comunità di Sant’Egidio a Monterotondo e mi sono rallegrato per una presenza così significativa.
Infine c’è da sottolineare la collaborazione multiforme delle Comunità ecclesiali con le Associazioni civili ed altre realtà di volontariato e cooperativistiche: queste collaborazioni vanno sempre sostenute ed incoraggiate.
Ringraziamo il Signore per tutte le persone che con dedizione hanno creato questo tessuto di solidarietà. Apriamoci però a nuove esigenze che richiedono creatività e attenta riflessione.
Alcune indicazioni operative: Giustizia e Carità
Nella Deus Caritas est, dal numero 26 in poi, si affronta un tema delicato a cui prestare una particolare attenzione: il rapporto fra Giustizia e Carità.
Fin dall’Ottocento contro l’attività caritativa della Chiesa è stata sollevata un’obiezione, sviluppata poi con insistenza soprattutto dal pensiero marxista. I poveri, si dice, non avrebbero bisogno di opere di Carità, bensì di giustizia (n. 26). Per definire più accuratamente la relazione tra il necessario impegno per la giustizia e il servizio della Carità, occorre prendere nota di due fondamentali situazioni di fatto:
- a) Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica. Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una grande banda di ladri, come disse una volta Agostino: Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?
- b) L’amore - caritas - sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore. Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo (n. 28).
Fatte queste distinzioni si passa a delle conseguenze puntuali:
La formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all’ambito della ragione autoresponsabile. In questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo.
Il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è invece proprio dei fedeli laici. Come cittadini dello Stato, essi sono chiamati a partecipare in prima persona alla
vita pubblica. Non possono pertanto abdicare «alla molteplice e svariata azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune» (n. 29).
Come calare concretamente queste riflessioni nella nostra Chiesa Sabina?
- La Caritas Diocesana proporrà un Corso per Nuovi Volontari. Raccomando vivamente la partecipazione a questa proposta: le esigenze sono veramente tante e non dobbiamo cadere nella tentazione di accontentarci dell’esistente. Per i volontari caritas si richiede poi, come scrive Benedetto XVI una formazione professionale e una formazione del cuore (cfr. n.31).
- Sempre alla Caritas ho chiesto di studiare la possibilità di avviare in diocesi l’esperienza del servizio Civile: nel passato questa proposta è stata presente e sarebbe molto bella riprenderla in considerazione.
- Ho ricostituito infine l’Ufficio della Pastorale Sociale e del Lavoro affidandone la responsabilità ad un laico. L’ufficio ha in programma:
- Una Scuola di Formazione all’impegno Politico e Sociale: la scuola è aperta in particolare a coloro che vogliono impegnarsi a livello di Amministrazioni locali e, in generale, nel campo sociale;
- La costituzione di uno Sportello Sociale che avrà il compito di raccordare i servizi offerti a livello civile e quelli ecclesiali.
Un’ultima annotazione desidero mettere in evidenza. Non dobbiamo perdere il filo e lo scopo del nostro cammino. Siamo partiti nel settembre 2018 con il Convegno Ecclesiale che ha avuto come tema il ruolo dei Laici nell’evangelizzazione. Parlando della Carità non posso non sottolineare che la Carità, per essere testimoniata, deve essere innanzitutto vissuta all’interno della Comunità ecclesiale. Pur nella distinzione dei ruoli, la Chiesa è ‘comunione’ (koinonia):
Giudicate voi stessi quello che dico: il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane (1Cor. 10, 14-17).
Dobbiamo tutti impegnarci affinché le nostre Comunità siano veramente tali. luoghi di comunione a tutti i livelli: il Presbiterio diocesano (Vescovo, Presbiteri e Diaconi) deve risplendere per la testimonianza di Unità; ugualmente le Parrocchie e tutte le Comunità religiose devono dare esempio di Carità vicendevole. il cammino sinodale che nei prossimi mesi coinvolgerà la Chiesa universale e la Chiesa italiana in particolare, sarà un dono di grazia per approfondire e rafforzare tutto questo.
Per fare un definitivo passo in avanti, entro la fine dell’Anno pastorale, in tutte le Parrocchie dovranno essere costituiti i Consigli Pastorali e i Consigli degli affari economici.
E' un dovere al quale nessuno può sottrarsi. Non riuscire a raggiungere questo elementare obbiettivo significherebbe che le nostre Comunità sono a un livello ancora paurosamente infantile.
Mettiamoci dunque al lavoro con generosità: la pandemia ci ha colpiti tutti ad ogni livello e ora insieme dobbiamo dare delle risposte che ci aiutino ad uscire da una situazione di profonda crisi.
Invoco di cuore su di Voi la benedizione del Signore
il Vostro Vescovo Ernesto
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